Riagganciandoci alla precedente rubrica si potrebbe affermare che, «quell’essere-senza
che abita la parola singolo è uno
stato potente della coscienza ed è il prodromo dell’autentica felicità».[1]
In questo caso con il termine essere-senza si intende la possibilità
di fare vuoto interiore da ciò che si vuole o non si vuole, da ciò che gli
altri si aspettano da noi. Questo passaggio (salto “quantico”) porta con sé la possibilità di vivere in base a quello che
si è in quel momento secondo la propria natura e spontaneità, rendendoci
unici. È inoltre nutrimento per la
relazione, infatti «fa
bene all’amore tutto ciò che protegge la nostra autonomia, tutto ciò che aiuta
la nostra realizzazione come individui ed evita la nostra dipendenza dall’altro».[2] Il
cervello risponde all’amore attivando nuove funzioni creative da cui emergono
capacità sopite.